Citizen science: trasformazioni istituzionali per colmare il divario tra scienza e società - APRE

Modalità risparmio energetico

Questa schermata riduce il consumo di energia del monitor quando non sei attivo sul nostro sito.
Per riprendere la navigazione è sufficiente muovere il mouse.

La citizen science, intesa come coinvolgimento attivo di non-professionisti (citizen scientists) in una o più fasi del processo di ricerca scientifica, è sempre più rilevante nel contesto della ricerca europea. Nel 2016 la League of European Research Universities (LERU) riconosceva il potenziale della citizen science per la ricerca nell’Advice paper “Citizen science at universities: Trends, guidelines and recommendations”. Il documento, infatti, propone una serie di indicazioni pratiche e raccomandazioni indirizzate da un lato ai ricercatori impegnati in progetti di citizen science nell’ambito delle loro ricerche universitarie, e dall’altro alle governance universitarie, per adattarsi all’apertura del processo scientifico, con l’obiettivo di promuovere la citizen science come metodologia di ricerca di eccellenza.

Il potenziale della Citizen Scienze

Nonostante l’incredibile potenziale della citizen science nel contribuire ad una scienza sempre più in linea con i bisogni e le aspettative della società, e, di conseguenza, sempre più integrata con la dimensione socio-culturale del contesto da cui si origina, la strada che porta al suo utilizzo come metodologia di ricerca consolidata è ancora in salita. Spesso, infatti, viene confusa con il coinvolgimento dei cittadini in attività di divulgazione scientifica, i ricercatori sono preoccupati dalla qualità dei dati generati utilizzando metodi partecipativi o necessitano di maggiore supporto nelle fasi di design e di implementazione di un progetto che coinvolga il pubblico nelle diverse fasi della ricerca. Queste tra le sfide principali che università e centri di ricerca si trovano ad affrontare nel processo di adattamento all’apertura della ricerca verso attori non appartenenti al mondo accademico.

Parola chiave: Trasformazione

La parola chiave per affrontare queste sfide è trasformazione. Trasformazione intesa come cambiamento istituzionale (dall’inglese Institutional Change, in cui la dimensione istituzionale è da intendersi su scala ridotta, a livello di ente/organizzazione) per adattarsi ed evolversi, mantenendo saldo il principio dell’eccellenza scientifica, che rimane centrale anche quando il processo scientifico si apre a partecipazioni esterne al mondo accademico. Un cambiamento istituzionale, inteso come cambiamento interno ad un’organizzazione (università e centri di ricerca), implica due possibili approcci: uno organizzativo (es. procedure, regolamenti, figure chiave nell’organigramma dell’ente), e uno individuale (es. approccio mentale, comportamenti, ecc).

Per essere efficace, un cambiamento istituzionale deve integrare entrambe le dimensioni. Infatti, da un lato un cambiamento individuale richiede un certo livello di stabilità per cristallizzarsi in nuove procedure e/o regolamenti o in nuove mansioni codificate. Di contro, un cambiamento organizzativo richiede un certo livello di consenso da parte dei soggetti coinvolti per legittimare il cambiamento. Se l’efficacia di un cambiamento istituzionale passa per l’integrazione di questi due approcci, la sua sostenibilità richiede quattro dimensioni, per le quali il cambiamento deve essere:

  1. irreversibile (ben radicato e di lungo periodo);
  2. integrato (che riguardi, oltre a regole e procedure, altre aree come competenze, comunicazione, ecc.);
  3. inclusivo (che tenga conto di tutti gli stakeholders coinvolti);
  4. contestualizzato (su misura delle esigenze del singolo ente).

Anche livello di ricerca europea, il tema dei cambiamenti istituzionali non è passato inosservato e si è ritagliato un ruolo centrale. Nel Work Programme Science with and for Society 2018-2020 si ritrova infatti una descrizione precisa del concetto di institutional change. Inoltre, se in prima battuta il concetto di cambiamento istituzionale ha riguardato i cambiamenti a livello di Beneficiari dei finanziamenti del programma, in seguito si è evoluto nella direzione del cambiamento sistemico a livello di governance per colmare il divario tra scienza e società.

Il progetto TIME4CS

Come illustrato nel report pubblicato dalla Commissione alla fine del programma Horizon 2020 “Science with and for Society in Horizon 2020 – Achievements and Recommendations for Horizon Europe”, diversi progetti Horizon 2020 si sono occupati del tema dei cambiamenti istituzionali a vari livelli (es. territoriale, industriale, enti finanziatori della ricerca, università e centri di ricerca). Tra questi, il progetto TIME4CS, finanziato nella call “Grounding RRI in society with a focus on citizen science”, coordinato da APRE, che lavora sui cambiamenti istituzionali necessari negli enti di ricerca per promuovere la citizen science come metodologia di ricerca attraverso l’apprendimento reciproco continuo e lo scambio di conoscenze tra le organizzazioni coinvolte.

Il progetto, iniziato a gennaio 2021, combina l’approccio teorico alla base di un cambiamento istituzionale efficace e sostenibile, con l’approccio pragmatico del definire obiettivi realisticamente raggiungibili nel contesto di un progetto di ricerca di durata definita di tre anni. Senza promettere la realizzazione di un reale cambiamento istituzionale in enti in cui la citizen science è scarsamente o affatto utilizzata, TIME4CS lavora sulla definizione di azioni concretamente realizzabili che costituiscano le fondamenta di un cambiamento istituzionale di lungo periodo.

L’Università Vita-Salute San Raffaele di Milano, partner di progetto, attraverso la definizione di un piano d’azione su misura, ha intrapreso un percorso per favorire l’implementazione della citizen science come metodologia di ricerca, nella direzione e con lenmodalità fin qui presentate. Il risultato atteso è quello di creare una comunità fortemente impegnata nella citizen science, portando UniSR a svolgere innovative attività di ricerca che ben si integrino nell’approccio QuadrupleHelix che riconosce quattro attori principali nel sistema dell’innovazione: scienza, politica, industria e società. Elena Maffia, research manager presso l’EU Research Strategy and Policy office di UniSR, e Maya Fedeli, PhD presso il Research Policy office, Scientific Communication & Dissemination di UniSR, raccontano l’esperienza nel progetto.

Quali necessità/bisogni vi hanno spinto a partecipare in un progetto di questo tipo?

Al fine di rispondere all’evoluzione del panorama della ricerca internazionale, sempre più complesso e multidisciplinare, a partire dal 2021 il nostro Ateneo ha avviato un processo di sviluppo interno che si è tradotto, tra le altre cose, nella nascita di un’area dedicata a Research Development. Tale area è stata concepita con l’intento di promuovere un approccio strategico alla ricerca e fornire sostegno ai ricercatori e all’università stessa su temi cross-cutting come la Responsible Research and Innovation, con particolare interesse verso open science, research integrity e parità di genere. Da qui è nata l’esigenza di rafforzare le competenze dell’Ateneo in questi ambiti e di avviare un cambiamento istituzionale per recepire questi aspetti nel modo più adeguato. TIME4CS ha rappresentato per noi un’occasione importante per avviare dei cambiamenti istituzionali al fine di consentire alla nostra comunità di ricercatori di aprirsi al processo di innovazione che include la citizen science come approccio nuovo alla ricerca.

Quali cambiamenti state implementando/ avete implementato, e perché?

Abbiamo privilegiato attività destinate a creare consapevolezza e fare informazione, sottolineando il vantaggio e il valore aggiunto in termini di qualità della ricerca offerti dalla citizen science. Vorremmo ridurre la frammentazione delle informazioni, partendo dalla citizen science per poi successivamente dedicarci alle ulteriori iniziative dell’Ateneo sui temi di RRI, per ottenere una visione globale del livello di consapevolezza dei ricercatori su tali temi. Ambendo ad un fruttuoso scambio di informazioni, UniSR è divenuta membro della European citizen science Association (ECSA), partecipando attivamente a diversi working groups, come citizen science and universities (di cui il Responsabile dell’Area Research Development, Roberto Buccione, è Co-chair) e citizen science and health. Con TIME4CS, stiamo sperimentando un “modello” di iniziative per attuare un cambiamento istituzionale, che con i dovuti aggiustamenti potrebbe, nel medio periodo, essere replicato su altri temi.

Una delle prime attività condotte nell’ambito di TIME4CS è stata un sondaggio rivolto ai ricercatori, al fine di comprendere il livello di conoscenza e di consapevolezza in merito alla citizen science. Da questa prima analisi, è emersa la necessità di rafforzare lo scambio di informazioni con i ricercatori e di fornire loro strumenti adeguati a comprendere approcci innovativi alla ricerca, quale la citizen science. Questo ha incoraggiato la pianificazione di attività di comunicazione più efficaci, come la creazione di una newsletter mensile, intitolata “Bits of citizen science”, e di un ciclo di seminari, “Scienza e società”, dedicati ai ricercatori. In parallelo, abbiamo pianificato attività specifiche rivolte al personale di supporto alla ricerca per coinvolgerlo nel processo di cambiamento istituzionale.

Che difficoltà avete incontrato/state incontrando nel vostro percorso? Quale la sfida principale?

La sfida principale sta sicuramente nel vincere la diffidenza che molti ricercatori provano nei confronti della citizen science: il paradigma della “torre d’avorio” secondo cui tutta la conoscenza è ristretta agli istituti di ricerca/università è riduttivo ed esclusivo, ma ancora molto attuale. Gli scienziati sono spesso disposti a partecipare ad attività divulgative, ma sono generalmente meno aperti a coinvolgere direttamente i cittadini nelle proprie attività di ricerca, soprattutto perché non li ritengono sufficientemente preparati. Risulta quindi necessaria la promozione di un cambio culturale nella nostra comunità di ricercatori. Un’ulteriore difficoltà risiede nella creazione di un efficace flusso di gestione della ricerca che sia sufficientemente flessibile per accogliere e supportare una metodologia di ricerca così variegata come la citizen science.

Quali benefici sta riscontrando UniSR partecipando a un progetto sui cambiamenti istituzionali?

Abbiamo sicuramente iniziato a incuriosire e far interrogare i ricercatori sulla citizen science, fornendo le conoscenze di base che potranno auspicabilmente far fiorire in futuro iniziative di questo tipo. Allo stesso tempo, il personale di supporto alla ricerca procede nella sua formazione, portando ad un efficientamento dei flussi interni di gestione e comunicazione e favorendo il dialogo tra i diversi attori istituzionali coinvolti.

Quali obiettivi in termini di cambiamenti istituzionali vi ponete a lungo termine e a che punto vi posizionate, ad oggi, nel loro raggiungimento?

Vogliamo gettare le basi e poi consolidare uno status che ci faccia diventare un attore credibile nel panorama della citizen science, a livello nazionale e internazionale. Nell’ambito della ricerca, vorremmo riuscire a individuare dei ricercatori “champions”, che possano, con successo, aiutare gli altri ricercatori, creando così un circolo virtuoso. A livello istituzionale, vorremmo definire un flusso efficace e strumenti adatti, per offrire un supporto completo ai ricercatori interessati a sperimentare la citizen science come una metodologia nuova per la definizione e lo sviluppo di progetti di ricerca.

Qual è la principale lesson learnt?

All’inizio del progetto avevamo solo una conoscenza teorica e approssimativa della percezione della citizen science all’interno dell’Università. Sono stati poi messi in luce potenziali ostacoli ai cambiamenti istituzionali, consentendo al team di ripensare le attività pianificate e di identificare azioni più concrete ed efficaci per rendere le attività del progetto davvero di successo, avviando un processo di cambiamento autoalimentato nel nostro ateneo. Gli input ricevuti da altri partners sono stati utili per arricchire e perfezionare le attività pianificate e costruire una vision a lungo termine, con l’obbiettivo di coinvolgere i ricercatori in un approccio co-creativo.

Perché altri enti di ricerca dovrebbero intraprendere un percorso simile?

UniSR con il progetto TIME4CS vuole rendersi protagonista di un cambiamento: la citizen science è uno strumento importante per democratizzare la scienza, massimizzandone l’impatto, promuovendo al contempo l’obiettivo dell’accesso universale alle informazioni e ai dati scientifici. Altri enti di ricerca potrebbero auspicabilmente seguire un percorso simile per queste nobili ragioni. La principale raccomandazione che UniSR può fornire ad altri enti di ricerca è quella di raccogliere feedback e opinioni dai ricercatori, per annoverare chiaramente i problemi legati alla comprensione della citizen science. Va poi sottolineato che occorre tempo per garantire un cambiamento sostenibile ed efficace a livello istituzionale: devono essere messi in atto passaggi ben strutturati per avere successo, considerando sempre un approccio co-creativo che coinvolga tutte le parti interessate.

 

 

Questo articolo è tratto da APREmagazine n. 21 di aprile/2023

Torna su