Intervista a… Emma Lazzeri, Esperta di Scienza Aperta- GARR
La nuova piattaforma di pubblicazione della Commissione europea Open Research Europe si inserisce a pieno nella strategia sull’Open Science che la Commissione europea sta portando avanti da anni, e che, con il nuovo programma Horizon Europe compie passi fondamentali.
In Horizon Europe, infatti, si passa dal concetto di pilota (Open Research Data Pilot) al concetto di integrazione delle buone pratiche della scienza aperta nel flusso di lavoro del ricercatore e nella metodologia del progetto, con il FAIR by design.
Con ORE la Commissione europea aggiunge un tassello importante, mettendo a disposizione dei propri beneficiari un servizio di pubblicazione dei risultati delle ricerche finanziate in Horizon 2020 e Horizon Europe. ORE sarà un’opzione ulteriore per i ricercatori finanziati dalla CE, da utilizzare in alternativa all’editoria tradizionale. In Horizon Europe verranno infatti applicati i principi di Plan-S, ed è possibile che i ricercatori si scontrino con la necessità di dover rispettare il Grant Agreement firmato con la CE e le policy editoriali non compatibili con esso, che potrebbero comportare costi non coperti dal budget del progetto. Con ORE i ricercatori hanno una possibilità in più per pubblicare i propri risultati aderendo a pieno ai principi dell’Open Science.
Può diventare ORE un modello editoriale alternativo agli attuali editori scientifici? E quali sono le sue potenziali previsioni di crescita?
Senza dubbio il modello di ORE è diverso dagli attuali modelli dell’editoria scientifica commerciali. Prima di tutto è un servizio di pubblicazione e non una rivista. Lo scopo di ORE è quello di permettere ai ricercatori di pubblicare i propri risultati rispettando a pieno i regolamenti europei sull’Open Science, facilitando una discussione aperta e costruttiva nella comunità scientifica. Il concetto stesso di revisione tra pari è molto diverso e ha lo scopo di migliorare la pubblicazione dei risultati non, come nelle riviste tradizionali, scegliere cosa pubblicare e cosa no. Tutti i risultati della ricerca saranno pubblicati indipendentemente dal loro livello di interesse o novità. È un cambio di prospettiva fondamentale: pensiamo ad esempio a quante ricerche oggi non vengono pubblicate perché rappresentano risultati negativi. E i risultati negativi sono fondamentali, ad esempio per evitare che altri percorrano la stessa idea utilizzando soldi pubblici. Lo scopo è quello di far emergere i risultati perché tutti possono avere un valore o un impatto per il progresso della società.
Come fa una piattaforma così varia a garantire nello stesso tempo una qualità scientifica elevata?
Potremmo discutere per ore sul concetto di qualità scientifica. Faccio questo ragionamento: in questo momento, con il modello di editoria scientifica tradizionale e gli attuali metodi di valutazione, la qualità viene “misurata” in termini di sede in cui i risultati vengono pubblicati. Questo crea anche un importante legame tra la ricerca e servizi commerciali offerti dagli editori. La qualità di una singola pubblicazione misurata con l’Impact Factor non ha nessun fondamento. Non possiamo infatti utilizzare un valore medio di citazioni per qualificare un determinato articolo. È inoltre vero che molti articoli vengono ritrattati anche dopo aver passato la peer review ed essere stati pubblicati in prestigiose sedi editoriali. Oppure ricevono pochissime citazioni anche a distanza di anni dalla pubblicazione in riviste con alto IF. La domanda è: il metodo attuale di valutazione è corretto? Il mio parere è che si debba andare oltre. Sicuramente preferisco una piattaforma di pubblicazione che sfrutta una revisione tra pari completamente trasparente, che rende la ricerca accessibile a chiunque e riutilizzabile, grazie anche al supporto per implementare una gestione FAIR dei dati e altri risultati correlati, al modello attuale. Non solo. Pensiamo a quanto tempo passa dal momento della scoperta a quello della pubblicazione con il modello attuale di editoria scientifica: la peer review può comportare ritardi di mesi o anni. Lo stesso dialogo scientifico viene fortemente rallentato perché per “rispondere” ad un articolo pubblicato, i ricercatori devono rispettare ancora una volta i tempi e i modi della peer-review. In ORE i risultati sono accessibili da subito attraverso la pubblicazione del pre-print, così come le revisioni e i commenti degli autori, grazie all’Open Peer Review. La comunità scientifica potrà inoltre commentare i risultati sulla piattaforma, e il dialogo della scienza sarà per questo più veloce e diretto. Il principio è sempre lo stesso: se una ricerca viene finanziata con soldi pubblici, la società deve poter trarre massimo vantaggio dalle sue scoperte. Questo può essere realizzato grazie ad una veloce e trasparente pubblicazione dei risultati scientifici che agevola la discussione all’interno della comunità scientifica.
Quali costi sosterebbero i ricercatori nell’applicare i propri paper scientifici in ORE? E quali potrebbero essere i potenziali ulteriori vantaggi?
ORE non ha nessun costo diretto per i ricercatori. I costi di realizzazione della piattaforma sono stati coperti dalla CE e le singole APC degli articoli pubblicati verranno imputati direttamente alla CE, senza passare dal budget dei progetti. I vantaggi sono ovviamente enormi perché si liberano i singoli ricercatori e le istituzioni di ricerca dalla necessità di gestione dei costi editoriali, che vengono coperti interamente dall’ente finanziatore. In sostanza la CE chiede ai propri beneficiari di pubblicare seguendo i principi dell’open science e offre anche una piattaforma per farlo, senza costi aggiuntivi per i ricercatori. Inoltre, tutti i costi sono trasparenti e consultabili nel dettaglio sul sito di ORE in accordo con i principi di Pan-S.
Possiamo infatti, vedere nel dettaglio come vengono utilizzati gli importi delle APC e quale percentuale viene imputata ad attività di supporto per gli autori, sviluppo della piattaforma ecc. Una operazione completamente trasparente e al servizio della comunità scientifica.
Questo articolo è stato pubblicato in APREmagazine n. 15 di aprile 2021